Oltre la tristezza della Crisi

In questi giorni di pensieri e riflessioni sul proseguimento del nostro progetto, alla ricerca di un equilibrio tra la filosofia “makers”, il desiderio di condivisione, la passione per i contesti africani e le risorse materiali che ovviamente son limitate ci siamo imbattuti di nuovo nella storia di William Kamkwamba, di cui avevamo già parlato qualche anno fa su questo blog.

William Kamkwamba in Wimbe, Kasungu District, Malawi

Il personaggio in questione è un ragazzo proveniente da Kasungu, in Malawi, oggi 25enne, che una decina di anni fa si trova a fronteggiare insieme alla sua famiglia la carestia dovuta alla siccità del 2001. Ciò comporta da subito l’abbandono della scuola che, secondo il modello inglese (il Malawi era una colonia inglese), è a pagamento.

Kasungu landscape

Conscio delle difficoltà del padre a mantenere la famiglia, e determinato a trovare una soluzione, si dedica allo studio da autodidatta nella biblioteca del villaggio, dove colpisce la sua attenzion un libro sulle tecnologie per l’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili e non: parla della possibilità di realizzare una turbina eolica con la quale generare elettricità.

Books and William

Il distretto di Kasungu è una zona abbastanza ventosa: William, colpito dal disegno della una turbina eolica  cerca materiali di recupero per la sua realizzazione: una ventola di un trattore per sorreggere le pale, il telaio di una bicicletta, una dinamo da bicicletta, pali e corde per il traliccio. Con molto ingegno realizza una piccola, minuscola torre eolica che produce 12W. Apparentemente una potenza elettrica misera, con la quale tuttavia può accendere 4 lampadine (le lampade da bicicletta prevedono potenze dell’ordine di 3W).

first windmill

schema di montaggio

La notizia comincia a diffondersi, la gente cominciava a fare la fila per…caricare il cellulare con l’energia prodotta dalla torre eolica.

Sorvoliamo sulla discussione relativa all’utilità di avere un cellulare in un periodo di carestia: è una balla mastodontica l’idea che circola in certi ambienti umanitari nostrani secondo la quale gli africani sono semplici e “puri” e non “inquinabili” con il presunto peggio della modernità: semplicemente sono uomini, sensibili sia alle sirene della pubblicità che alle necessità di comunicare.

Insomma, dopo la prima torre eolica William ne costruisce una nuova, più grande per estrarre più energia dal vento.

William Kamkwamba on the windmill

E poi…poi finisce sul Wall Street Journal, e di lì l’eco della sua impresa si diffonde ovunque, tanto che il libro, pubblicato su Amazon, per lungo tempo è stato molto in alto nella classifica delle vendite (qui la versione originale in inglese, qui l’introduzione e il primo capitolo).

Quella di William è una bella storia da raccontare e per fortuna non è una favola: non si arrende alla difficoltà, cerca soluzioni diverse, fuori da quegli schemi che alla difficoltà hanno condotto (è vero che non piove, ma è altrettanto vero che c’è vento, utilizzabile), vince le critiche dei famigliari e del villaggio (che pensiamo abbiano un peso non indifferente in un contesto rurale africano).
Immaginate, per esempio, quando ha cominciato a tirar su la torre: immaginate le critiche, le risate di scherno, se non addirittura lo sguardo torvo del capo villaggio e degli anziani di fronte a quella che poteva apparire, ai loro occhi, come una stregoneria. Che, se volete, è un po’ quello che accade anche in Italia, purtroppo, di fronte a esperimenti ben più grandi, trattati con lo scetticismo irrazionale o irrazionale entusiasmo propri dell’esoterismo, non della scienza.

Immaginate poi lo stupore nel vedere la lampadina che si accende, la radio che si mette a trasmettere. Cominciano i miglioramenti, il cablaggio di una piccola rete elettrica, l’installazione di batterie e di alcuni punti luce.

turn on the radio!

Also a small TV can be used!

La notizia fa rapidamente il giro del villaggio, poi della regione, poi finisce negli orecchi di qualche mzungu (uomo bianco) di passaggio, e infine il Wall Street Journal.
Di lì il TED, gli studi nella capitale Lilongwe e poi negli Stati Uniti.

Nel seguito i video dei suoi due interventi alle conferenze del TED. Nel primo, del 2007, Chris Anderson conduce l’intervista a questo ragazzino allora 20enne spaesato e confuso dal clamore, dalle luci, dagli applausi.
Nel secondo, del 2009, William appare molto più sicuro di sè e racconta con un filo di umorismo anche l’imbarazzo del primo intervento.

primo intervento al TED, Arusha, 2007

primo intervento al TED, 2009

Ci piace ascoltare le sue parole (o leggere la traduzione 😉 ), percepire la semplicità e la determinazione del suo secondo intervento al TED nel 2009 come pure la sua ingenua schiettezza nel TED di Arusha nel 2007 quando amabilmente afferma

“..I tried and I made it…”          “ci ho provato e l’ho fatto”

quasi stupito degli applausi, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Ci infonde coraggio vedere il coraggio messo in atto di fronte alla prospettiva di cambiamento e miglioramento delle proprie condizioni di vita, in situazioni al limite della disperazione che una carestia può generare: ci infonde coraggio e desiderio di tornare a Ilembula a completare il lavoro cominciato, e anche coraggio e desiderio di andare avanti, nonostante le pesantezze della Crisi, la tristezza per la profonda crisi morale e ideale nel nostro Paese e l’impressione che non ci sia speranza, che si fan sentire anche e soprattutto nel nostro quotidiano, spegnendo spesso un po’ l’ardore e il coraggio di guardare al bello che c’è davanti piuttosto che al grigiore del presente che ci lasciamo alle spalle.

Note finali: qui una intervista a William Kamkwamba su una TV americana.
Le fotografie son tratte dall’album del medesimo su Flickr .
Qui infine il suo blog.