Si chiude il 2014…(ultima parte)

…il VentolONE di Suniglia si è rotto, le pale della turbina Aloise versione Darrieus non stanno tanto bene,

e a Ukomola qualcuno ha rubato le batterie!

Batterie dell'impianto a Ukomola

Batterie dell’impianto a Ukomola

Accidenti, conosciamo la notizia da inizio settembre, la cosa ci ha turbato e ci turba non poco tuttora, finalmente la raccontiamo.

Le 12 batterie DEKA Solar 105Ah acquistate a Dar Es Salaam presso un rivenditore locale avevano lo scopo di immagazzinare l’energia elettrica prodotta dall’impianto eolico costituito dalle due turbine per utilizzarla su richiesta nel pompaggio dell’acqua, almeno per ora, e per altri usi aggiuntivi in futuro, disgiungendo la presenza locale  del vento, soprattutto di sera e di notte, con la richiesta di energia elettrica, soprattutto pomeridiana.

Tarcisio ci ha comunicato la notizia con il suo solito stile asciutto:

"Hanno rubato le batterie a Ukomola, pertanto lasciamo perdere tutto.
Il progetto è concluso. Andrò a togliere anche la pompa dal pozzo."

Siamo rimasti parole: e ora? Mirko era il più battagliero, e gli altri gli sono andati dietro.

La riflessione: la turbina da sviluppare è la Aloise, quella piccola, quella alla nostra e loro portata. L’impianto di Ukomola, così congegnato è complesso e si espone a costi enormi per le finanze locali a ogni intoppo, rottura o furto che sia.

Abbiamo lasciato passare del tempo, un po’ per riprenderci noi, un po’ per lasciar sbollire Tarcisio che un po’ abbiamo imparato a conoscere. Qualche settimana dopo il nostro vulcanico prete ci ha scritto di nuovo:

"Non hai ancora reagito alla notizia che hanno fregato tutte le batterie, 
Hanno rotto il catenaccio e hanno asportato le batterie. 
Che facciamo? Hai delle idee?"

Insomma, gli è passata e ora si riprende il cammino.

E quindi.

Ripristinare le batterie è un invito ai ladri a tornare quanto prima, quindi l’ipotesi è da escludere, occorre ripensare l’impianto alla radice; di videosorveglianza non se ne parla, siamo in mezzo alla savana.
Però serve l’acqua, prima ancora che l’elettricità.

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Ci muoviamo quindi in direzione di un sistema semplificato che pompi acqua solo quando c’è vento, quindi niente batterie da rubare, e immetta l’acqua in un serbatoio per gestire le utenze.
Lo studio è tutt’ora in corso.

Tuttavia non ci fermiamo alla mera analisi tecnica del problema, ci interessa approfondire da tanti punti di vista la questione Ukomola.

Riflettendo siamo giunti a una serie di conclusioni, e il ritardo con cui diamo ai lettori la notizia del furto è figlio del tempo che queste riflessioni han richiesto.

Per cominciare, riteniamo che l’impianto di Ukomola sia al tempo stesso necessario e sovradimensionato.
E’ necessario perchè per costruire la scuola serve l’acqua per i mattoni, e per avere l’acqua serve l’elettricità, e per avere l’elettricità non è pensabile utilizzare un genratore a gasolio, quindi o sole o vento.
E’ sovradimensionato perchè le competenze richieste per la sua gestione, manutenzione e riparazione sono superiori a quelle della popolazione locale, almeno per quel che abbiamo toccato con mano: l’assenza di una scuola secondaria fa sì che non si vada al di là di una istruzione elementare, quindi: niente istruzione, niente impiato eolico. Ma niente impianto eolico, niente elettricità, quindi niente scuola e niente istruzione.

E’ un serpente che si morde la coda.

Una seconda riflessione è relativa alla reazione che i nostri lettori e tutti i donatori avranno rispetto alla notizia. Il periodo storico in cui viviamo, l’intolleranza per il diverso, una visione spesso ottocentesca e paternalistica dei popoli del Terzo Mondo, l’irritazione che umanamente ha colto anche noi potrebbero e potranno indurre tanti a liquidare la faccenda così:

  • vedi che non ci si può fidare? gli regali l’impianto e loro se lo rivendono
  • vedi che son “negri”? vedi che sono dei ladri come i “negri” che abbiamo in giro, un’invasione? niente da fare, bisogna affondargli quelle barche quando arrivano sotto costa a Lampedusa!
  • oh, poverini, vedi quanto stanno male, arrivano a rubarsi la roba tra di loro!

Insomma, manca solo un passaggio nella TV di Barbara D’Urso e si chiude il cerchio!

Certamente sappiamo che le reazioni saranno anche queste. Altrettanto sappiamo che, nel periodo storico buio e gretto in ci viviamo, è difficile intavolare un discorso e un confronto, specialmente se determinate convinzioni sono necessarie per mantenere in piedi un mondo di idee che consente di tirare avanti in mezzo alla Crisi. Insomma, a certe persone è indispensabile aver paura dei “negri”, aver qualcuno di facile cui dar la colpa di ogni sventura.

Noi ci siamo fatti questa opinione: che chi ha rubato le batterie è un ladro. Che come ogni ladro ha una storia alle spalle, in ogni parte del mondo. Che la vita qui è difficile e laggiù di più.
Che però rubare delle batterie è un furto, ed è semplicemente stupido, perchè recide delle possibilità, delle prospettive a una intera comunità. Che è come segare il ramo sui ci si è seduti, e che al riguardo forse, come italiani, in questo periodo siamo gli ultimi che abbiano qualcosa da insegnare ad altri.

Una terza riflessione, infine.
Qualche persona ci ha suggerito di passare sotto silenzio la notizia perchè, insomma, era uno smacco non da poco per il gruppo, per tutto il lavoro svolto, perchè una notizia del genere sicuramente può gettare discredito sulla nostra attività e rendere molto più difficile avere nuovi donatori: zitti e mosca, insomma.

Ecco, questo proprio non ci piace. Teniamo alla trasparenza, alla nostra trasparenza, perchè sappiamo che se siamo arrivati al 2015 con le nostre imprese, i nostri progetti, i nostri prototipi è perchè tante persone ci hanno sostenuto per via della nostra trasparenza e non “nonostante la nostra trasparenza”.
Siamo consapevoli che il mondo non va avanti così, che di fronte a una cosa del genere normalmente le aziende passano la cosa sotto silenzio o, se proprio non possono fare diversamente, cercano un caprio espiatorio.
Della serie: i meriti sono miei, le colpe sono tue, e l’arbitro è cornuto.

A noi questo modo di agire non piace, non ci interessa, anzi ci fa proprio schifo.
A costo di perdere donazioni, progetti, possibilità, crediamo che le cose cambiano…cominciando a cambiarle, noi in prima persona.

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Ora il 2014 è veramente finito.

 

Prossima fermata: Roma!

In questi giorni di agosto in cui il nostro Paese boccheggia non solo per il caldo il VentolONE team sta mettendo in piedi la conquista di Roma…alla MakerFaire di ottobre!

E tra un pensiero e l’altro c’è il tempo per riflettere un po’ sul percorso fatto fin qui, in un articolo che pubblicheremo sul mensile Insonnia di Racconigi (CN), che riportiamo di seguito.

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Si è conclusa la prima fase del progetto VentolONE avviato ormai 5 anni fa: l’idea di realizzare turbine eoliche nel solco delle “tecnologie appropriate”, avviato con l’indispensabile sostegno di Solare Collettivo ONLUS e di tantissimi sostenitori, si è concretizzata nella realizzazione di 3 torri eoliche, una a Zanzibar e due nell’entroterra tanzaniano. La prima è destinata al pompaggio di acqua in via meccanica diretta, per gli usi irrigui di alcuni appezzamenti di terreno diversamente improduttivi: primo destinatario un maestro locale, Hassan Suha, conosciuto e rispettato per la sua intraprendenza e intelligenza. Le altre due producono elettricità stoccata in un banco batterie per il pompaggio di acqua e, in futuro, per alimentare una costruenda scuola secondaria a Ukomola, villaggio in mezzo alla savana: referente del progetto don Tarcisio Moreschi, vulcanico prete valcamonichese di stanza in quel di Ilembula.

La sensazione di essere a un momento di svolta ci fa fremere per tanti motivi. Innanzitutto sentiamo la gratitudine verso tutti coloro i quali han creduto nelle nostre potenzialità: in questo periodo storico in cui qui in Italia il thatcheriano detto “there is no alternative” si materializza in un terrorizzato immobilismo verso un futuro plumbeo tante persone ci han sostenuto, economicamente e materialmente, nel realizzare quello che a posteriori, ripensando ai mezzi e al lavoro messo in piedi, sembra tanto una piacevole incoscienza.

Percepiamo il desiderio di andare avanti: siamo convinti che quel know-how appreso possa essere speso per replicare anche nei Paesi del Nord del mondo soluzioni tecnologiche appropriate, in ambito eolico, che consentano di diffondere un utilizzo consapevole dell’energia e fornire una base economica per futuri progetti. La scommessa è più ardita della precedente perchè mira a trovare strade nuove, diverse, da quelle schiavizzanti che han fatto del “mercato” un semi-dio e delle rinnovabili una terra di conquista per ogni sorta di speculazione. Per ora ci confronteremo con la MakerFaire di Roma ai primi di ottobre, un evento cui parteciperanno “trafficoni digitali” da tutta Europa, distribuiti su 200 progetti: tra questi la nostra turbina eolica in kit di montaggio, con la speranza di avere un feedback positivo che faccia da volano per le attività future.

Infine il pensiero va alle emozioni vissute in terra africana in questi 3 anni, con i nostri stagisti, le grandi fatiche sotto il sole e le tante magagne, e a due piccoli episodi di quest’anno che ci han riempito il cuore: la visita alla “shamba” a Zanzibar, dove il VentolONE giaceva inerme in fase di modifica, in mezzo a 1500 mq di zucchine, un bananeto, un papaieto che due anni fa non c’erano, e un costruendo impianto di irrigazione a goccia: vedere dal vivo come Suha abbia saputo andare oltre la nostra realizzazione, migliorandola, ci inorgoglisce e ci dice che la strada è quella giusta.

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Poi, in mezzo alla savana, il giorno che finalmente la pompa collegata alle batterie alimentate dalle turbine ha pompata acqua. Immaginate lo stupore dei locali di fronte a quell’acqua trasparente, chiara, gratis, e al nostro di fronte al loro. E poi immaginate la sorpresa quando prima una donna, poi un uomo, poi altri, si avvicinano, con gli occhi pieni di gratitudine ci stringono forte la mano con parole di ringraziamento, cogliendoci del tutto impreparati…ma quegli occhi, così pieni di riconoscenza, ci commuovono tutt’ora: non ci aspettavamo, in fondo, un effetto così profondo, dentro di noi. La sensazione tangibile che quell’acqua cambia per sempre le loro vite trasforma tutto il progetto, tutta la fatica, tutte le magagne in energia per il futuro.

 

Un aneddoto significativo

Siamo ripartiti da Ilembula, destinazione Zanzibar e poi casa.
Savanawind 2013 finisce qui, con l’installazione nel centro orfani dell’anemometro che avevamo a Ukomola, cosi’ da poter valutare una possibilita’ di cui vi diremo piu’ avanti.
Ora siamo sul bus, pronti per i consueti 800 km fino a Dar.
Per far passare il tempo vi raccontiamo un aneddoto di ieri sera, durante la cena crucca con i tedeschi.
Protagonista, manco a dirlo, il vulcanico Tarcisio il quale, non pago di averci fatto aggiustare una pompa tra le 18:00 e le 18:30 venendoci a recuperare in auto in paese (e’ partito apposta!), ci ha deliziato con questa perla.
Dunque, gli ospiti teutonici sono i finanziatori di una scuola primaria che Tarcisio ha realizzato qualche anno fa,  non sappiamo bene dove. La scuola e’ intitolata a una signora che era presente ieri sera, madama prototipo di signora Rottenmeier che probabilmente mangia i bambini, specialmente se marroni (si scherza…!).
Tarcisio a meta’ cena prende la parola per un giro di presentazioni: racconta anche di noi, e chiude con “dopo devo aggiungere una cosa”. Il tutto in un inglese piu’ che passabile, condito qua e la’ con qualche maccheronismo!
Tocca ai prussiani: in un inglese fluente (mentre noi italiani…sic!) ciascuno si presenta, sono cortesi, probabilmente perche’ non hanno fame di bambini essendosi scofanati l’ottima cena di Fausta. Ringraziano Tarcisio, raccontano di come e’ bella l’Africa, di come e’ diversa l’Africa, di che bella e’ la scuola che hanno costruito in Africa.
Tutto molto bello. E in Africa.
Poi Tarcisio riprende la parola, e senza mezzi termini lamenta che in quella scuola ci sono punizioni corporali sui bambini: in particolare Luize, la bambina che Fausta e Tarcisio hanno in “affido”, che ha problemi di dislessia, e’ stata picchiata sulle mani e le aveva gonfie quando l’ha incontrata, ieri. Mormorio germanico di disapprovazione, sconcerto di madama che bofonchia qualcosa in quella specie di lingua che sembra il borbottio di una caffettiera. Tarcisio dice questo davanti a tutti, soprattutto davanti a madama e ai finanziatori. Grande Tarcisio! Che coraggio e che schiettezza! Noi in Italia siamo abituati che di fronte a una cosa del genere “si pensa ma non si dice”… bravo Tarcisio!
Senza timore reverenziale zerbinesco di fronte ai teutonici finanziatori prosegue nel’arringa, con la perla finale: relativamente alla pratica comune qui di battere gli studenti che raggiungono risultati scarsi dice “…to beat the pupil, well in Europe we don’t agree, but I’m here in Africa from 30 years and…ok, if there is a problem, ok…I agree a little, but not on the hands, no, on the back…”
“I agree a little”…
siamo scoppiati a ridere (evidentemente non pensando ai fondoschiena arrossati, si capisce!), guardando la faccia rubiconda di Tarcisio con i suoi metodi schietti e ruvidi affrontare madama gia’ turbata nel profondo dal fatto che una sua insegnante meni i bambini…
Insomma, madama non sapeva piu’ dove guardare, Tarcisio troneggiava sogghignante a capo tavola, “I agree a little”, gli altri teutonici rumoreggiavano imbarazzati.
Finche’ madama ha preso la parola, si e’ scusata e ha promesso di individuare l’insegnante e cazziarlo.
Risultato: madama in ritirata, Tarcisio trionfante e “I agree a little” in barba a decenni di pedagogia e psicologia infantili!

E quindi: Tarcisio guida le truppe e respinge maccheronicamente le boriose orde teutoniche venute a fare incetta di meriti. Il Piave mormoro’, non passa lo straniero!

(Preghiamo tutti i lettori di cogliere l’ironia di questo post!)